Montmartre
Due saluti e un po' di malinconia

Tre righe, fragili e commosse. Una e' per il Retore *, finalmente sbarcato dalle parti di Madame Defarge. Dove ha portato un po' di musica. Non credo ci fosse premeditazione, ma non ho potuto fare a meno di pensare a quella volta in cui mi disse che il mio racconto sul suonatore di jazz mancava di suoni. Aveva colpito il bersaglio, credo, come lo colpisce oggi e come lo ha colpito tante altre volte. Ma allora, se non altro, scrivevo racconti.

Una e' per Wile, che ha fatto il piu' bel servizio giornalistico della breve storia di Wash It On Post. Lo so che mi prendo una confidenza che nessuno mi ha dato, ma mentre leggevo la sua corrispondenza con "Ebraismo e dintorni" ho pensato che mi piacerebbe conoscerlo meglio, perche' lui ha imparato ad ascoltarsi e a farsi ascoltare senza troppe censure. Ho pensato che fa funzionare la parte migliore del cervello, quella in cui tra concetti e immaginazione non si stabiliscono diritti di precedenza.

L'ultima riga non e' tenera, ed e' per me. Che una volta scrivevo storie e canzonette hard-core. Poi e' successo qualcosa, non so, ma la creativita' e l'immaginazione sono finite in cantina. Adesso blatero di continuo ragionamenti un po' dissanguati, senza musica, con parecchie censure. Adesso devo capire tutto, ma mi trascuro un po'.

Oggi e' una giornata cosi', ragazzi. Penso a un percorso, il mio, che da qualche parte ha cominciato a imbarcare acqua. Ripenso ai post in cui Wile si rimproverava compromessi che - prima di diventare pubblici - io avevo fatto con la mia voglia di scrivere storie. Storie da poco, davvero, ma piu' importanti di quello che oggi pesco ogni giorno sul fondo dei giornali e dei libri. Ripenso al Retore *, che senza dirlo a nessuno le sue storie ha continuato a scriverle (non metto il link, per rispetto dello pseudonimato).

Ripenso a una notte di bel tempo a Montmartre, gli amici sono venuti a trovarmi, con Parigi a scintillarci negli occhi. Io, il Retore *, Ivano e Leonardo ci siamo confidati che a Genova non volevamo mancare. Ciascuno lo aveva deciso per se', e ce lo siamo detti. Con mille dubbi e parecchie storie, tutte diverse, che ci avevano silenziosamente condotto a quella confessione. E' stato come ritrovare una strada.

A chi - nei mesi - mi chiedeva perche' andavo o ero stato a Genova, ho sempre risposto come la Madame che conoscete qui, con profusione di argomenti e teorie. Ma avrei dovuto raccontare di quella sera a Montmartre. Sarebbe stato differente. Avrei messo le mie debolezze davanti all'artiglieria intellettuale. Perche' ogni tanto smarrire la strada e' importante. E' importante non sapere che direzione prendere, commuoversi per la storia che vorresti raccontare ma non ci riesci, perdersi per le strade della provincia alla ricerca del Festival in cui finirai a cantare le tue canzoni da due soldi.

Poi mi vieni in mente tu, che - a quelli che ci chiedono di Genova e di tutto il resto - ti inserisci nelle mie spiegazioni bizantine per rispondere che siamo andati come vanno i bambini.

[de onde veio?? de Madame Defarge]

un baccio...

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